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Fanclub,  Tour

Live Report: Rock In Roma, 8 Giugno 2016

Live Report a cura di Francesco Masala, per Nightwishers

Il giorno prima di un concerto è sempre carico di aspettative e progetti. Nel mio caso, l’8 giugno è iniziato con una sveglia alle 5 del mattino in direzione dell’aeroporto di Alghero. Un’ora di volo, un’altra oretta scarsa di autobus ed eccomi a Roma Termini dove inizia la fase più complicata della giornata: trovare il resto del fanclub che arriva a scaglioni su treni e binari diversi. A Roma fa già un caldo allucinante, e il tragitto in metropolitana fino a Cinecittà è letteralmente una ventata di aria fresca. Arrivati all’Ippodromo delle Capannelle inizia la seconda fase, quella tipica dei concerti: la fila. Un giorno probabilmente scriverò un libro sulle situazioni che si vengono a verificare nelle file dei concerti metal, e considerando il sole cocente che attanaglia il pubblico del Rock in Roma immagino che i deliri siano stati più o meno variegati. Io e il mio gruppo di compagni di avventure decidiamo di aspettare l’apertura dei cancelli all’ombra della biglietteria. Il tempo scorre, i cancelli si aprono e la gente comincia ad affluire dentro l’ippodromo. Alcuni problemi organizzativi rallentano la fila degli accrediti, ma una volta superato l’ostacolo eccomi finalmente dentro. O fuori. Non so, si tratta di uno spazio aperto, scegliete voi la parola che possa descrivere meglio la situazione.

Quando arrivo sotto al palco mi rendo conto che gli italiani Temperance hanno già iniziato il loro set. Non conosco la band, ma da quel poco che sento i pezzi sembrano sufficientemente gradevoli e la cantante vista da lontano assomiglia terribilmente a Simone Simons degli Epica. Sarà lei? Una sosia? O magari è Virginia Raffaele in una sua nuova imitazione? Il set dei Temperance scorre e il pubblico sembra già bello caldo. I prossimi in scaletta sono gli Apocalyptica, ma quando i violoncellisti finnici fanno il loro ingresso in scena io e altri fortunati Nightwishers ci dirigiamo verso il backstage per il meet & greet con i Nightwish, gli headliners della serata. Riesco a tornare al palco a metà del loro show, rendendomi conto di quanto possa fare la differenza sentire una band su disco o vederla dal vivo. Ho sempre apprezzato gli Apocalyptica in studio, ma mi rendo conto che se un loro show da gruppo spalla risulta un po’ pesante e noioso. Probabilmente un intero concerto da headliners è un evento dedicato solo a veri fan affezionati. Anche gli Apocalyptica escono di scena, e quando inizia il concerto degli Epica l’atmosfera inizia a farsi davvero bollente.

Il mio rapporto con gli Epica negli ultimi anni è stato piuttosto altalenante. Amo alla follia la loro produzione musicale fino al 2009, ma dopo quell’anno ho iniziato a seguire sempre di meno la band. Dopo averli visti dal vivo per ben due volte (nel 2007 e nel 2009) il mio dubbio principale sulla loro esibizione è legato alle prestazioni vocali della Simons, che non sempre si sono rivelate all’altezza. Mi ricredo già dalla prima canzone. Simone è in formissima e sembra in pieno controllo della sua voce. Ci sono le premesse per uno show con i fiocchi, premesse che si confermano grazie ad una scaletta brillantemente bilanciata che alterna in misura equa sia i pezzi più recenti, sia i classici della loro discografia. Ed è proprio un pezzo classico ad essere forse quello più atteso, sopratutto per la particolarità dell’evento. Insomma, se i Nightwish e gli Epica sono nello stesso posto è naturale aspettarsi una comparsata di Floor da un momento all’altro data la lunga amicizia che lega le due cantanti. Quando inizia Sancta Terra tutti trattengono il fiato, aspettandosi l’ingresso in scena di Floor da un momento all’altro. Ma le aspettative restano deluse, Floor non si va vedere e gli Epica si avviano alla fine del loro fantastico set con la mastodontica Consign To Oblivion, accolta con entusiasmo dal pubblico e dal sottoscritto.
Calato il sipario sugli Epica mi rendo conto di essere decisamente stanco. La sveglia presto, l’attesa fuori dall’ippodromo e lo show degli Epica inaspettatamente entusiasmante hanno messo a dura prova le mie forze. Insomma, non ho più l’età per fare queste cose. Il cambio palco sembra interminabile, e una volta preparata la scenografia dei nostri neanche l’ombra. Il palco rimane silenzioso e buio per quello che sembra un arco di tempo interminabile. E poi all’improvviso tutto si ferma e lo spettacolo inizia. Accompagnati dalle note del tema di Crimson Tide (film del 1995 noto in Italia col titolo di Allarme Rosso) la band prende posizione sul palco.  Dite pure quello che volete, ma ogni volta che sento Storytime non riesco a fare a meno di pensare che il bridge sia preso di pari passo dal tema di Hans Zimmer. La voce di Dawkins è accolta da un boato, e via con l’esplosione di Shudder Before The Beautiful. Floor entra in scena in tempo per la prima strofa, sfoggiando uno dei suoi soliti outfit corredati da una mantellina di cui non riesco a cogliere la fantasia. Dalla mia posizione (parecchio nelle retrovie) sembra quasi un motivo tigrato, ma solo a fine concerto mi viene rivelato da chi era più vicino al palco che in realtà si trattava di fiori. Niente, le cantanti dei Nightwish potranno avere voci diverse ma condividono tra di loro scelte di abbigliamento discutibili. Tra fiamme, headbanging, duelli di tastiere e chitarre l’opener fa risuonare tutto l’ippodromo come solo i Nightwish sanno fare. Yours Is An Empty Hope inizia senza neanche un attimo di pausa, il pubblico non fa in tempo a riprendersi dall’entusiasmo che subito si trova coinvolto in un altro pezzo esplosivo tratto dall’ultimo disco Endless Forms Most Beautiful. Le prime note di pianoforte di Ever Dream suscitato l’entusiasmo del pubblico, che canta a squarciagola con Floor dall’inizio della canzone sino alla fine. Ma se la resa di Floor è impeccabile su un classico come Ever Dream non riesco tuttavia a godermi a pieno Storytime, che nonostante gli effetti grafici (rimasti spenti fino a quel momento) mi sembra vagamente sottotono.  Ma non c’è tempo per riflettere su questi dettagli tecnici, perché quando Troy finalmente prende il posto che gli spetta sul palco è chiaro a tutti che è ormai tempo to go deep into the mountains. My Walden è forse uno dei pezzi di EFMB che dal vivo rende meglio. Il pubblico la adora, salta, balla e canta accompagnando Floor nel ritornello e lanciando i pugni per aria al grido di higher higher. Suppongo non ci sia bisogno di specificare che il sing along non si sia interrotto lì, anzi. Élan è l’occasione ideale per scaldare la voce e cantare insieme a Floor, che come suo solito non manca di invitare il pubblico ad esclamare come! all’inizio di ogni ritornello. Bisogna riconoscere che miss Jansen pur essendo un’ottima cantante sia un po’ ripetitiva quando si tratta di interagire col pubblico, e ormai è facile prevedere cosa dirà e quando lo dirà durante lo show perdendo un po’ il fattore sorpresa. Élan è un po’ la dimostrazione di questi copioni recitati a memoria. Sappiamo in quali momenti il pubblico viene coinvolto e sappiamo altrettanto bene che alla fine del pezzo Floor esclamerà “beautiful” così come siamo sicuri che il sole sorge ad Est e tramonta ad Ovest. Queste considerazioni poco interessanti vengono spazzate via quando Tuomas (e sorprendentemente Troy) attaccano con 7 Days To The Wolves, pezzo che nel 2007 mi fece innamorare all’istante di Dark Passion Play. Anche Weak Fantasy viene e va con i soliti movimenti un po’ ripetitivi della Jansen. Fino a qui niente di nuovo mi viene da pensare, la scaletta per quello che mi sembra di ricordare sembra ripetere per filo e per segno quella di Bologna. E lasciatemelo dire, adoro essere smentito. Vedendoci forse un po’ stanchi e provati Floor decide che è giunto il momento di tirarci su il morale con un pezzo che a suo dire ci farà molto felici. Da lì in poi è tutto molto confuso. Parte Alpenglow e a me partono le corde vocali. A Bologna avrei dato il mio primogenito per sentire Alpenglow dal vivo, e ora che finalmente la stanno suonando non riesco a crederci. La mia dignità si perde in mezzo alla dignità di tutte quelle persone che come me hanno cantato il pezzo fino a perdere la voce. La stanchezza diventa sempre più pesante, e inizio a sperare in una ballad per riposare un po’ la voce e le gambe. Ma ovviamente ai Nightwish non importa se sono stanco, e dopo avermi esaltato con Alpenglow decidono di darmi un’altra mazzata attaccando con Sahara. Il mio entusiasmo è ormai fuori controllo, e le meravigliose grafiche proiettate sul palco danno davvero l’impressione di perdersi tre le dune del deserto alla ricerca delle mille e una notte. In mezzo a tutti questi piccoli capolavori She Is My Sin non riesce a coinvolgermi tanto come mi aspettavo. Sarà la stanchezza, saranno le gambe che ormai minacciano di abbandonarmi da un momento all’altro, ma fra tutti i pezzi di Wishmaster forse avrei preferito sentire qualche altra cosa. Ma She Is My Sin è uno dei pezzi preferiti di Floor da anni ormai, quindi lasciamole la libertà di scatenarsi su un brano dove la sua potenza vocale è la protagonista assoluta. I Want My Tears Back segna la mia sconfitta totale. Nonostante le mie gambe abbiano ormai la consistenza della gelatina, non riesco ad ignorare la richiesta di Marco Hietala quando invita tutto il pubblico a saltare e a ballare. Ed è quello che faccio. Salto, canto, urlo, ballo come se dovesse essere l’ultima notte della mia vita. Sono immerso nella musica della band che amo e sono circondato dalle persone che amo. Ormai sono completamente rapito dalla musica, e nonostante la mia antipatia per Nemo anche in quel momento riesco ad emozionarmi quando il verso my loving heart lost in the dark mi colpisce dritto nei feels. Stargazers è uno dei pezzi delle vecchie ere in cui secondo me Foor rende di più, inoltre trovo che dal punto di vista stilistico e del testo sia molto vicina ai pezzi di EFMB, motivo per il quale il suo inserimento all’interno della scaletta è più che giustificato. Certo, sento tantissimo la mancanza di Sacrament of Wilderness dal vivo, ma Stargazers rimane comunque un pezzone con i contro-dischi planetari. Le luci sul palco si affievoliscono, i cori e la batteria esplodono e le note di Ghost Love Score riecheggiano nell’aria. In quel momento ho smesso di cantare e ho lasciato che la musica arrivasse dritta alla mia anima. Credo di non aver aperto gli occhi per buona parte della suite, e probabilmente avrei pianto se l’avessi fatto. Non c’è bisogno di darvi delucidazioni sulla resa di Floor. Il suo acuto finale manda il pubblico in delirio, e io resto lì impalato ad applaudire senza riuscire a dire altro. La stanchezza e l’estasi post Ghost Love Score si uniscono e mi mandano in down più totale, tanto da non riuscire a dimostrare sufficiente entusiasmo per Last Ride of The Day. Lo show dei Nightwish si conclude come prevedibile con The Greatest Show On Earth, anche se privata dall’emozionante parte iniziale e dei vocalizzi di Floor. La band sembra non sentire minimamente la stanchezza, e anche il pubblico ormai stremato riesce a trovare le ultime forze per urlare il we were here d’ordinanza contro il cielo romano che ormai si sta annuvolando. Inchini, saluti, applausi. È la fine di una giornata che per molti di noi rimarrà nella storia.

 

Non solo per la musica, ma per tutto quello che alla musica ha fatto da contorto. Il bello dei concerti non è solo ritrovare la musica che amiamo, ma anche quelle persone che vivono lontano da noi ma che in qualche modo sono sempre nel nostro cuore. Andare ad un concerto per noi di Nightwishers Italy è molto di più di un semplice spettacolo musicale. Per noi significa ritrovarsi dopo mesi di lontananza, abbracciarsi, ridere, scherzare, commuoversi e piangere insieme. Il potere della musica è quello di unire persone con storie e vite diverse, e una volta ogni tanto la musica fa in modo che queste persone convergano nello stesso punto e vivano insieme lo stesso sogno. Il potere della musica si manifesta sopra e davanti al palco, e si creano legami così forti grazie alla musica allora ogni concerto diventa un evento indimenticabile. Non ci sono più stanchezza e fatica, non ci sono più le preoccupazioni della vita di ogni giorno. Per una giornata tutto va in standby e il mondo diventa un pochino più bello. La musica dà tanto ai fan, e i fan restituiscono quello che ottengono con amore ed entusiasmo incondizionati. La band sente il calore dei fan e anche per loro diventa un momento unico da ricordare, perché se è vero che noi abbiamo apprezzato lo show è altrettanto vero che gli stessi Nightwish (ma anche gli Epica, gli Apocalyptica e i Temperance) hanno goduto del calore e dell’energia del pubblico. In Italia poi sappiamo come far sentir bene una band, e gli stessi Nightwish in più occasioni durante lo show hanno avuto modo di ringraziare il pubblico per l’energia e la partecipazione (e per il vino). A concerto finito non rimane che tirare le somme e parlare per ore dei momenti più belli e delle emozioni provate.

Alla fine di ogni concerto non si può fare a meno di sentirsi immensamente felici e tristi allo stesso tempo. Ci sono treni e aerei da prendere, lunghi viaggi in autostrada da affrontare. Ci si saluta, ci si separa a fatica con la speranza di rivedersi al più presto e scrivere nuovi ricordi. I Nightwishers ancora una volta si separano e tornano alla loro quotidianità, più uniti di prima, più felici di prima, più completi di prima. Non importa quanto tempo passerà e quanto a lungo dovremmo aspettare prima di ritrovarci sotto ad un palco a sentire la nostra musica preferita. Ma per questa volta, da Roma e dal Rock in Roma è tutto.

It’s time to rest now and to finish the show, and become the music one with alpenglow.